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Il valore di una software house non si misura solo nel codice che scrive, ma nella qualità delle relazioni che costruisce con chi lo utilizza. E in SAEP Informatica, questo valore da molti anni ha anche il volto di Elisabetta Pertusini, Responsabile del Customer Care.
Abbiamo avuto il piacere di intervistarla per raccontare cosa significa per noi “prendersi cura” del cliente, in un contesto tecnico e spesso complesso come quello dell’assistenza software.
Direi che il nostro approccio parte dall’aspetto umano. Certo, siamo tecnici, conosciamo bene la nostra Suite ERP e sappiamo come risolvere i problemi. Ma prima di tutto, creiamo una relazione. Il cliente deve percepire che c’è qualcuno che lo ascolta, che si prende cura della sua situazione.
Non si tratta solo di capire il problema, ma di instaurare un dialogo. L’aspetto interpersonale è centrale: è ciò che trasforma un contatto tecnico in un’esperienza positiva. La migliore soluzione tecnica può risultare inefficace se non convince e rassicura il cliente.
La chiave è la conoscenza. Conoscenza del cliente, della sua storia, delle sue esigenze. E conoscenza del nostro pacchetto software, ovviamente. Questo ci permette di fare domande mirate, di individuare subito la causa del problema e di proporre una soluzione veloce per tamponare l’emergenza. Poi, se serve, approfondiamo per offrire una soluzione stabile nel medio-lungo periodo. Di fatto, seguiamo un approccio consulenziale.
Lavoriamo molto anche sulla condivisione delle esperienze tra colleghi. Ogni caso risolto diventa un tassello in più nel nostro bagaglio professionale. È un lavoro di squadra con gli sviluppatori e i project manager, anche se spesso il cliente vede solo la persona che risponde alla richiesta di assistenza.
Spesso il cliente non ha solo bisogno di una soluzione, ma anche di capire cosa è successo, perché, e come evitarlo in futuro. Per questo cerchiamo di trasferire anche conoscenza. È un modo per rendere il cliente più autonomo, più consapevole. E anche questo rafforza la relazione di fiducia.
Non ci limitiamo a “sistemare” una situazione, la trasformiamo in un’occasione di crescita reciproca.
Alcuni clienti li conosciamo da trent’anni. Con loro si è creato un rapporto che va oltre il lavoro. Il tempo dedicato ai cosiddetti convenevoli, alle chiacchiere iniziali, non è mai sprecato. È parte della cura che metti nella relazione. Quando un cliente sente che lo conosci, che ti ricordi di lui, che ti interessa il suo contesto, allora si fida. E la fiducia è il primo passo per risolvere qualsiasi problema.
Ci sono delle situazioni dove veniamo contattati anche solo per un consiglio, prima ancora che si crei un problema. Questo è il segno che il rapporto è solido. E quando c’è vera fiducia reciproca, anche le situazioni più complesse si affrontano con uno spirito collaborativo.
È vero, nel customer care si è spesso sotto pressione, perché il cliente ha un problema urgente e si aspetta una soluzione immediata. Proprio per questo, è importante restare focalizzati sulla risoluzione e alleggerire le tensioni.
Mi piace pensare al mio ruolo come “chi risolve i problemi”. Vedere che il mio lavoro ha un impatto positivo sull’operatività del cliente, che lo aiuta a lavorare meglio, è una grande soddisfazione.
Stemperare la tensione richiede esperienza, empatia e anche un po’ di strategia comunicativa. Il tono di voce, la capacità di rassicurare e di riportare l’attenzione su come risolvere insieme il problema, sono tutte competenze fondamentali.
Ce ne sarebbero tanti, ma uno in particolare mi è rimasto impresso. Un cliente era in evidente difficoltà: un suo errore operativo bloccava l’intero sistema gestionale proprio nel momento in cui doveva chiudere una commessa importante. Era agitato, preoccupato, e il tempo stringeva.
Abbiamo subito individuato una soluzione temporanea per permettergli di proseguire con il lavoro, mentre in parallelo analizzavamo il problema in profondità. Durante la chiamata, ho cercato di rassicurarlo, di fargli capire che eravamo lì per lui, che non era solo. Alla fine, non solo abbiamo risolto il problema, ma il cliente ci ha ringraziato per la calma, la competenza e la disponibilità.
Ecco, per me questo è il senso del nostro lavoro.
Ho iniziato seguendo per diversi anni i progetti sui clienti, poi nel 2001 sono entrata nel customer care e oggi ne sono la responsabile.
Essere “sul campo” all’inizio della mia carriera, a stretto contatto con i clienti, è stato fondamentale. Mi ha insegnato a guardare oltre il software, a capire il contesto in cui viene utilizzato e le dinamiche aziendali. Ho imparato a leggere tra le righe, a cogliere le esigenze non dette, a costruire fiducia proponendo soluzioni che non fossero solo tecnicamente corrette, ma anche pratiche e sostenibili.
In questi anni ho visto cambiare le tecnologie, i processi, le esigenze. Ma una cosa è rimasta costante: il valore delle persone. Cerco di trasmettere questa visione anche al mio team. Non basta essere bravi tecnicamente: bisogna saper ascoltare, comunicare, costruire fiducia. È questo che fa la differenza.
Dico “responsabilità”. Ogni giorno ci prendiamo la responsabilità non solo di risolvere problemi tecnici, ma di accompagnare il cliente in momenti spesso delicati per la sua operatività.
Essere responsabili significa esserci, ascoltare davvero, agire con competenza e trasparenza. Significa sapere che dall’altra parte c’è qualcuno che conta su di noi, e che ogni nostra azione può fare la differenza tra frustrazione e serenità.
Quando, dopo una chiamata difficile, il cliente ci saluta dicendo “Grazie, mi sento più tranquillo”, allora sappiamo di aver fatto bene il nostro lavoro.